Gorizia, minuti di panico ai giardini: Brutta avventura per un sessantunenne goriziano

Condividi

Pesta una merda di cane con la scarpa sinistra del paio a cui è più affezionato. Cordoglio e sostegno da tutti i fotoreporter da merda di cane di Facebook

Una tranquilla mattinata primaverile si è trasformata in un inferno senza ritorno per il 61enne Floriano Tittilitti, cittadino goriziano noto per il suo attivismo social e la sua capacità di indignarsi per qualunque cosa, dalle buche sull’asfalto alle nuvole troppo scure. Ieri mattina, l’uomo ha vissuto il suo personale Armageddon quando, per raggiungere un conoscente che passeggiava sul controviale dalla parte opposta, ha attraversato i giardini pubblici di Corso Verdi camminando sopra un’aiuola pestando — udite udite — una cacca di cane. Sì. Proprio così. Una deiezione canina. Un marrone inconsistente. Una tortina malefica. Una mina biologica abbandonata da un quadrupede anonimo e maleducato, presumibilmente un bastardino con tendenze anarchiche.

Tutto è iniziato alle 9:47, ora locale, quando Tittilitti si è avventurato tra i vialetti erbosi per raggiungere un amico con cui avrebbe dovuto discutere di cose importantissime, tipo il nuovo regolamento condominiale o la marca del tonno più digeribile. Un passo, due passi… e poi SPLUTCH. Il suono è stato quello di una ciabatta che affoga in un tiramisù andato a male. Un istante eterno. Il silenzio. Gli uccellini smettono di cinguettare. Le foglie si immobilizzano. Il mondo si ferma. La tragedia ha inizio.

Tittilitti, in preda a uno shock esistenziale, ha immediatamente fotografato la cacca, come da protocollo previsto dal gruppo Facebook “Segnalazioni per il comune di Gorizia”, che negli ultimi anni ha segnalato più deiezioni che incidenti stradali. Lo scatto, in alta definizione, ritraeva la cacca da tre angolazioni diverse: laterale artistica, macro dettagliata e prospettiva drammatica. Titolo ipotetico del post: “VERGOGNA. NON SI PUÒ VIVERE COSÌ. A GORIZIA NON C’È PIÙ DIGNITÀ”. Reazioni previste: 48 “Mi fa schifo”, 12 “Sei un eroe”, 3 “È colpa degli zingari”, e una proposta di fondare un comitato di quartiere anti-escrementi con ronde notturne e assemblee quotidiane.

Con ancora il tanfo nelle narici e la dignità ai minimi storici, Floriano decide di fermarsi al bar per riprendersi con un bianchino e una grappa. Al bancone, un signore anziano si lamenta con il barista perché la figlia è lesbica ed è scappata in Brasile con il suo maestro di pilates trans, tossicodipendente, sieropositivo, nero e comunista e si è trasferito li perché si deve operare. “Una volta queste robe non c’erano”, dice scuotendo la testa. “Ma almeno non ha pestato una merda” è il pensiero di Floriano. E, trafitto da quel confronto sociale, si sente ancora più in basso di quanto già non sia. Esce dal bar, con la scarpa sinistra che lascia una scia di vergogna sulla moquette sintetica dell’ingresso.

 

 

 

Pochi metri dopo, Floriano si imbatte in un funerale. È il suo ex collega Rinaldo, come lui, geometra in comune, morto di colesterolo e noia mentre si “godeva” un docufilm su PornHub. La bara passa, la gente piange, i preti pregano. Ma Floriano pensa: “Almeno lui non ha pestato una merda”. E ancora una volta, si sente un gradino sotto il cimitero.

Cammina, pensieroso e claudicante, e incontra l’amica Adriana, una vecchia fiamma ai tempi del liceo, oggi signora in menopausa e Hyundai i10 che passa il tempo a riguardarsi quel coglione di Del Debbio su Infinity e a torturare psicologicamente il marito invalido ed impotente. Lei è appena stata multata perché le era scaduto il ticket del parcheggio da 7 minuti. Rabbia, lacrime e desiderio di rivoluzione. Ma anche lei, con tutta la sua sfortuna, non ha pestato una merda. Floriano annuisce, colto da un senso di profonda ingiustizia cosmica.

Arriva infine davanti al suo portone e incrocia il vicino, Ugo, in lacrime. Una perdita d’acqua ha devastato il parquet della sala, causando 25.000 euro di danni e la rottura del matrimonio con la moglie Georgiana – perché arriva dalla Georgia, quella ex sovietica – , 35 anni più giovane di lui, che lo ha sposato per amore dopo essersi fatta intestare tutti i conti correnti e le due case a Lignano e che ora, è scappata con l’idraulico, quello che ha provocato lo spandimento mentre revisionava la caldaia. Ma pure lui, con tutta la disperazione e la muffa, non ha pestato una merda. Floriano lo guarda con una pena mista a invidia.

Nel frattempo, grazie all’azione abrasiva del brecciolino cittadino, la suola della scarpa si è praticamente pulita. Ma il trauma rimane. La puzza forse no, ma il trauma sì.

Floriano entra in casa. Si siede al computer. Accende lo schermo. Le notizie scorrono come un fiume di guano mediatico: guerre in Medio Oriente, alluvioni in Sud America, incendi in Australia, incidenti ferroviari in Cina, epidemie in Africa, sommosse in Francia, il ritorno di Barbara D’Urso in Rai e il nuovo disco di Gigi D’Alessio. Ma niente di tutto questo lo smuove. Il vero dramma, la vera catastrofe mondiale, la vergogna incancellabile che lo accompagna come una cicatrice sul cuore è una sola: ha pestato una cacca di cane.

Non importa che basti strofinare la scarpa sull’erba per risolvere la questione. Non importa che il mondo vada a fuoco. Non importa nemmeno che Gorizia, da trent’anni, viva in uno stato di coma urbano irreversibile. La priorità, per lui, è denunciare al mondo intero l’orrore marrone che gli ha segnato la giornata, la psiche e forse anche la cartilagine del ginocchio sinistro.

Floriano chiude gli occhi. Respira. Apre Facebook. E scrive:

“HO PESTATO UNA CACCA DI CANE. GORIZIA È MORTA. E IO CON LEI.”

Boom. 127 like. È fatta. La storia è salva.

 

 


Condividi
Abilita notifiche Abilita No Grazie